sabato 18 ottobre 2008

INTERVALLO



C'è un intervallo, un'ora prima della fine delle lezioni, della durata di dieci minuti. Dieci minuti Giapponesi. L'orologio atomico è precisissimo, Sensei B., anche lei, è atomica. I 30 secondi di ritardo con i quali rientro in classe fanno di me un cattivo esempio per tutti i miei compagni. Un esempio da non seguire, se non si vuole essere messi alla berlina. La Sensei Radioattiva mi guarda diritto negli occhi, con i suoi occhi Giapponesi. Non vi è clemenza, non vi è perdono nei buchi neri della sua anima. Gli occhi Giapponesi della Sensei, occhi che mi squadrano da uno scalino più alto rispetto a quello dove mi trovo io, nel SSGG (Sistema Sociale Gerarchico Giapponese), non conoscono ombra di pietà.
La Sensei ripete una parola: "Sumimasen". Poi un'altra: "Gomennasai". Mentre la classe ride, indica con il dito Giapponese l'orologio appeso al muro: adesso le lancette segnano 1 minuto di ritardo. Vuole che io chieda scusa.
"Gomennasai.", sussurro finalmente. Ma la mia postura è scorretta. Se potesse, Sensei B. mi farebbe avvolgere in un bustino di fanoni di megattera, si limita invece a farmi notare che la mia schiena non è perpendicolare a terra, che ho le mani sui fianchi. Mastico una gomma. Un altro terribile errore. La classe ride.
Ho dimenticato di studiare la mia parte, quella dello Studente Giapponese.
Vado a sedermi, in penultima fila.
Un compagno di corso bussa ed entra in aula, si avvia verso la sua sedia. E' grande, avrà poco meno della mia età. 25, 26 anni. Sensei B. lo solleva per il cappuccio della felpa e lo sottopone al mio stesso trattamento.
Ridiamo, mentre lo umilia.